Ένα ακόμα ρεπορτάζ σε ξένο μέσο ενημέρωσης μέσω του blog μας. Όσοι γνωρίζεται ιταλικά διαβάστε το, για τους υπόλοιπους θα προσπαθήσουμε να έχουμε τη μετάφραση. Ευχαριστούμε πολύ την φίλη μας Margherita Dean για το ρεπορτάζ...
Un piccolo paese si batte per proteggere le proprie terre, tesoro archeologico, dalla costruzione di una discarica ma subisce la repressione delle forze dell'ordine
Keratea è un paese di circa tredicimila abitanti che, a cinquanta chilometri da Atene, si trova nel mezzo delle valli meridionali dell'Attica; valli benedette da uliveti, fonti, frutteti e, a pochi chilometri più a sud, da miniere d'argento sfruttate dall'antichità fino alla metà del secolo scorso.
Già nei primissimi anni '80 prima, '90 poi, la Grecia riconobbe l'importanza naturale e storica di Keratea, ponendo l'intera zona sotto il controllo della Sovrintendenza archeologica. Eppure è proprio lì che, nel 2011, lo Stato vuole costruire una discarica destinata a raccogliere i rifiuti di Atene, una città di quasi sei milioni di abitanti.
Dopo una battaglia burocratica durata quindici anni fra Comune e amministrazione centrale, battaglia fatta di vittorie e sconfitte per entrambi i contendenti, gli abitanti del paese vivono, da più di due mesi, ai ritmi di una lotta sorprendente con le forze dell'ordine chiamate a imporre, spesso usando una violenza inaudita, una decisione che si pone contro i regolamenti urbanistici emanati dall'amministrazione centrale stessa.
Sotiris Iatrou, Consigliere Comunale, racconta l'intera vicenda, ponendo l'accento sulle contraddizioni amministrative, sulle alternative alla discarica proposte dal Comune di Keratea, sugli intrecci politici tra il Governo e gli imprenditori che si occupano dello smaltimento dei rifiuti. Questi ultimi sono pochissimi, ovviamente e, altrettanto ovviamente, gli accordi segreti fra i partecipanti alle gare di appalto, rendono lo smaltimento dei rifiuti un'attività assai redditizia. ‘'Ai primi di dicembre scorso, arrivarono la polizia e gli agenti anti - sommossa: per difendere i macchinari di costruzione - che poi sono solo quattro -, ci dissero. Non lasciavano passare i contadini nei loro campi che, per altro, non sono mai stati espropriati. Allora noi reagimmo, protestammo e loro risposero chiudendo l'arteria principale della zona, la strada statale. Tanto bastò: decidemmo che al blocco della polizia avremmo risposto con uno nostro, così da isolare e accerchiare il loro''.
Intanto, però, i campi sono accessibili ai soli abitanti, mentre ad ogni incrocio delle strade sterrate che portano alla zona archeologica, accanto alla quale si trovano i macchinari che dovrebbero scavare il buco della discarica, si trovano agenti della polizia, agenti anti - sommossa e celerini che negano il passaggio ai giornalisti. Nel bar di Stefano Attart, che conduce un campo d'istruzione alla guida di fuoristrada, a pochi metri dopo un blocco della polizia, il proprietario racconta la rovina economica cui è andato incontro, mentre una coppia di avventori domanda perché la polizia abbia chiesto loro i documenti e di aprire l'auto e il portabagagli pur di lasciarli passare.
Ritorniamo sulla statale, nella ‘'fortezza'', un rifugio costruito con assi di legno in prossimità del blocco degli abitanti di Keratea, da loro sorvegliato ventiquattro ore al giorno da più di due mesi. Nel centro del capannone, una stufa a legno fa quello che può per riscaldare l'aria fredda che scende dalla collina di Ovriokastro, i muri sono ricoperti di ritagli di giornale, di fotografie, di temi dei bambini di Keratea, che narrano quanto sta succedendo. Fuori arrivano le braciole da cuocere poi, a mezzogiorno, sul fuoco che un gruppo di uomini sta già preparando, mentre vino e grappa sono portati da alcune donne accompagnate dai loro bambini.
Ci interrompe Ghiorgos, un sessantenne che ha voglia di raccontare tutto, perché ‘'io certe cose non le ha vissute neanche durante la dittatura''. Mi fa vedere, su una parete, quattro colonne di fotografie, almeno una ventina di ritratti: ‘'li abbiamo fotografati perché tutti li possano riconoscere; sono poliziotti in borghese, infiltrati per spiarci. Durante la notte a Keratea circolano, ormai, solo loro, controllano le nostre case, chi dorme, chi è sveglio, chi è fuori, qui, nella fortezza. Ormai conoscono tutte le nostre abitudini e riconoscono le targhe delle auto''.
‘'Una mattina, era l'11 di dicembre, circa seicento agenti anti-sommossa invasero il paese, mentre alcuni elicotteri seguivano dall'alto'', continua Ghiorgos, ‘'urlavano come forsennati, spalancavano le porte delle case a calci, buttavano nei giardini e nelle abitazioni lacrimogeni, e chi osò chieder loro qualcosa fu picchiato ferocemente''. Mi fa vedere le foto della testa ferita e sanguinante di un suo concittadino ottantenne, poi abbassa lo sguardo e mi racconta della giovane donna che, incinta al terzo mese, abortì per i gas e lo shock. Si sposta, mi fa vedere un'altra foto che ritrae un agente, con in mano una pistola puntata contro qualcuno. ‘'E' a me che sta puntando, mi chiamo Theodora e ho sessantadue anni. Ricevetti anche uno schiaffo da parte di un celerino, che poi mi minacciò con l'elmetto e mi insultò. Mi disse che questa era la loro dittatura e che - mi vergogno a ripetere - insomma, mi avrebbe spedita a quel paese, me, brutta arvanitissa'' (gli arvanites popolano la zona meridionale dell'Attica e sono di antica discendenza albanese, discendenza le cui tracce restano, ormai, pochissime).
La figlia di Theodora, Viki, mi racconta dei fermi, trentasette dell'inizio di questa brutta storia: ‘'sono stati rilasciati tutti ma su quattro di loro pendono accuse molto gravi, anche di omicidio colposo''. Durante la notte, infatti, qualche volante è stata bruciata, qualche elmetto è stato rubato, innescando quella che pare essersi trasformata in una vendetta tra la polizia e gli abitanti di Keratea.
Viki ha trentacinque anni, mi fa notare che tutta la vicenda della lotta contro la discarica, l'ha cambiata definitivamente: ‘'non mi vergogno ad ammettere che io, come tutta la mia famiglia, sono sempre stata di destra e che provavo simpatia per i poliziotti che, a ogni manifestazione ad Atene, rincorrono e fermano gli anarchici. Ora, però, capisco i motivi dei ragazzi che spaccano le vetrine, che si scontrano con la Celere e sai una cosa? L'incendio alla banca che costò, a maggio, la vita a tre persone, non lo appiccarono i manifestanti; dopo aver visto quello che fanno qui, sono certa che siano stati infiltrati della polizia''.
Anche il signor Ghiorgos è d'accordo, lo sono tutti i presenti che, da quieti cittadini di un piccolo paese, si sono trasformati, sono cambiati, ‘'vediamo un poliziotto e tremiamo. Come tremiamo quando la Celere ci urla che faremo la fine di Alexis Grigoropoulos. Dobbiamo difendere anche la memoria del ragazzo''. Nonostante la paura, però, si battono e si battono tutti insieme contro una discarica che inquinerebbe l'ultima rimasta oasi naturale in Attica, che deturperebbe una zona archeologica, che diventerebbe l'ennesimo simbolo dell'ostilità dello Stato ellenico alla logica.
Keratea, 20 febbraio '11
Margherita Dean
Già nei primissimi anni '80 prima, '90 poi, la Grecia riconobbe l'importanza naturale e storica di Keratea, ponendo l'intera zona sotto il controllo della Sovrintendenza archeologica. Eppure è proprio lì che, nel 2011, lo Stato vuole costruire una discarica destinata a raccogliere i rifiuti di Atene, una città di quasi sei milioni di abitanti.
Dopo una battaglia burocratica durata quindici anni fra Comune e amministrazione centrale, battaglia fatta di vittorie e sconfitte per entrambi i contendenti, gli abitanti del paese vivono, da più di due mesi, ai ritmi di una lotta sorprendente con le forze dell'ordine chiamate a imporre, spesso usando una violenza inaudita, una decisione che si pone contro i regolamenti urbanistici emanati dall'amministrazione centrale stessa.
Sotiris Iatrou, Consigliere Comunale, racconta l'intera vicenda, ponendo l'accento sulle contraddizioni amministrative, sulle alternative alla discarica proposte dal Comune di Keratea, sugli intrecci politici tra il Governo e gli imprenditori che si occupano dello smaltimento dei rifiuti. Questi ultimi sono pochissimi, ovviamente e, altrettanto ovviamente, gli accordi segreti fra i partecipanti alle gare di appalto, rendono lo smaltimento dei rifiuti un'attività assai redditizia. ‘'Ai primi di dicembre scorso, arrivarono la polizia e gli agenti anti - sommossa: per difendere i macchinari di costruzione - che poi sono solo quattro -, ci dissero. Non lasciavano passare i contadini nei loro campi che, per altro, non sono mai stati espropriati. Allora noi reagimmo, protestammo e loro risposero chiudendo l'arteria principale della zona, la strada statale. Tanto bastò: decidemmo che al blocco della polizia avremmo risposto con uno nostro, così da isolare e accerchiare il loro''.
Intanto, però, i campi sono accessibili ai soli abitanti, mentre ad ogni incrocio delle strade sterrate che portano alla zona archeologica, accanto alla quale si trovano i macchinari che dovrebbero scavare il buco della discarica, si trovano agenti della polizia, agenti anti - sommossa e celerini che negano il passaggio ai giornalisti. Nel bar di Stefano Attart, che conduce un campo d'istruzione alla guida di fuoristrada, a pochi metri dopo un blocco della polizia, il proprietario racconta la rovina economica cui è andato incontro, mentre una coppia di avventori domanda perché la polizia abbia chiesto loro i documenti e di aprire l'auto e il portabagagli pur di lasciarli passare.
Ritorniamo sulla statale, nella ‘'fortezza'', un rifugio costruito con assi di legno in prossimità del blocco degli abitanti di Keratea, da loro sorvegliato ventiquattro ore al giorno da più di due mesi. Nel centro del capannone, una stufa a legno fa quello che può per riscaldare l'aria fredda che scende dalla collina di Ovriokastro, i muri sono ricoperti di ritagli di giornale, di fotografie, di temi dei bambini di Keratea, che narrano quanto sta succedendo. Fuori arrivano le braciole da cuocere poi, a mezzogiorno, sul fuoco che un gruppo di uomini sta già preparando, mentre vino e grappa sono portati da alcune donne accompagnate dai loro bambini.
Ci interrompe Ghiorgos, un sessantenne che ha voglia di raccontare tutto, perché ‘'io certe cose non le ha vissute neanche durante la dittatura''. Mi fa vedere, su una parete, quattro colonne di fotografie, almeno una ventina di ritratti: ‘'li abbiamo fotografati perché tutti li possano riconoscere; sono poliziotti in borghese, infiltrati per spiarci. Durante la notte a Keratea circolano, ormai, solo loro, controllano le nostre case, chi dorme, chi è sveglio, chi è fuori, qui, nella fortezza. Ormai conoscono tutte le nostre abitudini e riconoscono le targhe delle auto''.
‘'Una mattina, era l'11 di dicembre, circa seicento agenti anti-sommossa invasero il paese, mentre alcuni elicotteri seguivano dall'alto'', continua Ghiorgos, ‘'urlavano come forsennati, spalancavano le porte delle case a calci, buttavano nei giardini e nelle abitazioni lacrimogeni, e chi osò chieder loro qualcosa fu picchiato ferocemente''. Mi fa vedere le foto della testa ferita e sanguinante di un suo concittadino ottantenne, poi abbassa lo sguardo e mi racconta della giovane donna che, incinta al terzo mese, abortì per i gas e lo shock. Si sposta, mi fa vedere un'altra foto che ritrae un agente, con in mano una pistola puntata contro qualcuno. ‘'E' a me che sta puntando, mi chiamo Theodora e ho sessantadue anni. Ricevetti anche uno schiaffo da parte di un celerino, che poi mi minacciò con l'elmetto e mi insultò. Mi disse che questa era la loro dittatura e che - mi vergogno a ripetere - insomma, mi avrebbe spedita a quel paese, me, brutta arvanitissa'' (gli arvanites popolano la zona meridionale dell'Attica e sono di antica discendenza albanese, discendenza le cui tracce restano, ormai, pochissime).
La figlia di Theodora, Viki, mi racconta dei fermi, trentasette dell'inizio di questa brutta storia: ‘'sono stati rilasciati tutti ma su quattro di loro pendono accuse molto gravi, anche di omicidio colposo''. Durante la notte, infatti, qualche volante è stata bruciata, qualche elmetto è stato rubato, innescando quella che pare essersi trasformata in una vendetta tra la polizia e gli abitanti di Keratea.
Viki ha trentacinque anni, mi fa notare che tutta la vicenda della lotta contro la discarica, l'ha cambiata definitivamente: ‘'non mi vergogno ad ammettere che io, come tutta la mia famiglia, sono sempre stata di destra e che provavo simpatia per i poliziotti che, a ogni manifestazione ad Atene, rincorrono e fermano gli anarchici. Ora, però, capisco i motivi dei ragazzi che spaccano le vetrine, che si scontrano con la Celere e sai una cosa? L'incendio alla banca che costò, a maggio, la vita a tre persone, non lo appiccarono i manifestanti; dopo aver visto quello che fanno qui, sono certa che siano stati infiltrati della polizia''.
Anche il signor Ghiorgos è d'accordo, lo sono tutti i presenti che, da quieti cittadini di un piccolo paese, si sono trasformati, sono cambiati, ‘'vediamo un poliziotto e tremiamo. Come tremiamo quando la Celere ci urla che faremo la fine di Alexis Grigoropoulos. Dobbiamo difendere anche la memoria del ragazzo''. Nonostante la paura, però, si battono e si battono tutti insieme contro una discarica che inquinerebbe l'ultima rimasta oasi naturale in Attica, che deturperebbe una zona archeologica, che diventerebbe l'ennesimo simbolo dell'ostilità dello Stato ellenico alla logica.
Keratea, 20 febbraio '11
Margherita Dean
Φωτογραφίες μπορείτε να δείτε εδώ: it.peacereporter.net
Δεν υπάρχουν σχόλια:
Δημοσίευση σχολίου